Maggio 3, 2020

Parliamo spesso di azioni e mercati azionari. E qualche volta ci è capitato di menzionare i dividendi. Ma cos’è il dividendo? E, soprattutto, come funziona? Andiamo a scoprirlo.

Cos’è il dividendo?

Si tratta in pratica della porzione di utili che un’azienda sceglie di distribuire ai suoi azionisti a titolo di remunerazione del capitale investito. In termini contabili, è la differenza fra totale degli utili conseguiti e quella parte di tali utili destinata alle riserve societarie.

totale utili conseguiti – utili destinati a riserve societarie = dividendo

Come funziona, per l’esattezza? Mettiamo, per esempio, che la Sempronia SpA abbia un capitale sociale di un milione di euro, diviso in 250 mila azioni ciascuna con un valore nominale di 4 euro.

Ora, poniamo anche che nel corso dell’esercizio contabile la società realizzi un profitto di 20 mila euro e che decida di distribuirne 10 mila agli azionisti. Il dividendo che ne consegue è di 0,04 euro per ogni azione posseduta, ottenuto dividendo l’importo da distribuire – 10.000 euro – per il totale delle azioni.

In pratica, l’operazione è la seguente:

10.000 / 250.000 = 0,04

Abbiamo detto che il dividendo remunera il capitale investito. In realtà, il dividendo rappresenta solo una parte della remunerazione degli azionisti, essendo l’altra costituita dal guadagno in conto capitale.

Come avviene la distribuzione?

Avviene a valle dell’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea ordinaria e dell’apposita delibera di distribuzione degli utili.

Generalmente ha una cadenza annuale, ma una recente consuetudine ha fatto sì che almeno le aziende di dimensioni più grandi stacchino un acconto in autunno per l’esercizio in corso, provvedendo poi al saldo nella primavera dell’anno dopo.

Stacco e cedola: di cosa stiamo parlando?

Ne siete appena stati testimoni: capita di leggere o di sentire parlare di “stacco” dei dividendi. A cosa si deve questa stravaganza linguistica? È presto detto: c’è stato un tempo pre-telematico in cui il possesso di un titolo azionario (od obbligazionario) era rappresentato da un apposito certificato, cui era allegato un tagliando.

Quando giungeva il tempo di riscuotere il dividendo (o l’interesse, nel caso di un titolo obbligazionario), il tagliando – detto anche “cedola” – veniva staccato. Poi è giunta l’era telematica e i titoli hanno abbandonato il loro supporto fisico. Ma i termini “cedola” e “stacco” sono rimasti nell’uso comune.

In particolare, la data di stacco indica il giorno nel quale l’azionista matura il diritto a ricevere il dividendo. È diversa da quella di pagamento, fermo restando che ha diritto a incassare il dividendo l’investitore che ha in portafoglio le azioni all’apertura del giorno dello stacco.

Attenzione agli effetti in Borsa

Nel giorno dello stacco, il prezzo in Borsa del titolo della società cala di un importo che corrisponde a quello del dividendo staccato.

Tornando al nostro esempio iniziale, nel giorno dello stacco del dividendo il valore del titolo Sempronia SpA calerà da 4 euro a 3,96 euro, ovvero il valore iniziale meno gli 0,04 euro di dividendo.

La tassazione dei dividendi

La Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017) è intervenuta in maniera significativa sulla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria. Nel dettaglio, ha uniformato il trattamento delle partecipazioni qualificate e quello delle partecipazioni non qualificate.

Qual è la differenza? Piccolo ripasso prima di proseguire:

  • sono qualificate le partecipazioni che superano complessivamente una certa soglia dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria (il 2% o il 20%) oppure del capitale o del patrimonio (5% o 25%), a seconda che si tratti di partecipazioni negoziate in mercati regolamentati o di altre partecipazioni;
  • sono non qualificate le partecipazioni che invece non vanno oltre queste soglie.

Ma quindi? Che cosa è cambiato con la Legge di Bilancio 2018? È presto detto: ai dividendi derivanti da tutte le partecipazioni – qualificate e non – ora si applica la ritenuta a titolo d’imposta del 26%, che prima valeva solo per le partecipazioni non qualificate.

Il dividendo non è un diritto

Al contrario dell’interesse per gli obbligazionisti, il dividendo per gli azionisti non è un diritto. Questa porzione di utile viene distribuita infatti a totale discrezione dell’assemblea dei soci, che può benissimo decidere di reinvestire tutti gli utili di quell’esercizio nell’esercizio successivo.

Ma c’è qualche eccezione

Alcune categorie di azioni, per esempio le risparmio e le privilegiate, incorporano un diritto al dividendo, stante però una limitazione dei diritti amministrativi (per esempio, il diritto di voto).

Lo statuto della società può prevedere che chi possiede questo tipo di azioni abbia diritto a ricevere un dividendo minimo se l’esercizio si chiude in utile, eventualmente stabilendone l’importo (e la cumulabilità a fronte del mancato pagamento).

“Stock dividend” e dividendo straordinario

Segnaliamo infine che quando il dividendo è distribuito sotto forma di nuove azioni, si parla di “stock dividend”.

Il dividendo straordinario, invece, è legato alla distribuzione non dell’utile di esercizio ma di parte delle riserve di liquidità della società. Scelta, questa, che può discendere da un eccesso di liquidità per accantonamenti nel corso degli esercizi precedenti, dalla cessione di rami d’azienda o da altre ragioni strategiche.

Articolo originale

About the author 

Poggi Leonardo

{"email":"Email address invalid","url":"Website address invalid","required":"Required field missing"}
Title Banner with Sidebar

Ottieni Gratuitamente l'e-Book

Investimenti - I 10 errori da EVITARE

>