Giugno 1, 2019

Dati ISTAT alla mano, in Italia gli occupati sono circa 23,5 milioni. Di questi, 18 milioni sono lavoratori dipendenti. A tanto ammonta dunque il numero di individui che sta maturando un TFR. Di cosa stiamo parlando?

Cos’è il TFR

TFR sta per Trattamento di Fine Rapporto ed è la somma che si matura durante tutto l’arco del rapporto lavorativo e che spetta al lavoratore dipendente – dotato quindi di un contratto di tipo subordinato, sia esso a tempo determinato o indeterminato, del settore pubblico o privato – al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Nella vulgata comune, è noto anche come liquidazione.

Il TFR spetta al lavoratore indipendentemente dalle ragioni della cessazione del rapporto di lavoro: dunque non solo per il raggiungimento dell’età della pensione ma anche per licenziamento, dimissioni o – nel caso di un rapporto a tempo determinato – per scadenza del contratto di lavoro con l’azienda.

Come si calcola

Per sapere quanto TFR abbiamo maturato fino ad oggi, dobbiamo procedere a un conteggio che non è poi così fuori dalla portata del contribuente.

  • Innanzitutto, sommate la retribuzione lorda che vi ha corrisposto l’azienda per ogni anno di lavoro svolto finora.
  • Fatto? Ok: adesso dividete il risultato che avete ottenuto per 13,5.
  • Ma non finisce qui. Considerate, infatti, che al 31 dicembre di ogni anno, tranne il primo, il TFR maturando viene ritoccato al rialzo sulla base di un tasso fisso pari all’1,5%, cui si aggiunge il 75% dell’incremento dell’inflazione rilevato per l’anno precedente.

Un esempio al volo

Bruna viene assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato il primo gennaio 2018. La sua retribuzione annua lorda è di 30.000 euro. Al 31 dicembre 2018, quanto TFR ha accantonato? Per scoprirlo, dovrà effettuare questa tutto sommato semplice operazione:

30.000 / 13,5 = 2.222,2

Perfetto. Al 31 dicembre 2019, supponendo che lo stipendio annuo lordo sia stato identico e che l’inflazione rilevata per l’anno prima sia stata del 2%, l’operazione – comprensiva della rivalutazione – darà il seguente risultato:

30.000 / 13,5 = 2.222,2 x 3% [1,5% + 1,5% (2% x 75%)] = 66,66 euro

Ne consegue che il totale accantonato è di 4.511 euro circa, che è il risultato della somma dei 2.222,2 euro del primo anno e del secondo con l’aggiunta dei 66,66 euro di rivalutazione. Tale somma non tiene conto delle tasse perché è lorda.

Come viene tassato il TFR?

Al TFR non si applica la tassazione IRPEF ordinaria, ma un’aliquota media calcolata prendendo come riferimento le aliquote IRPEF degli anni precedenti alla liquidazione. Questo per un principio di equità fiscale: tassare un reddito prodotto in un arco di tempo pluriennale in base alle aliquote di riferimento dell’anno di incasso sarebbe infatti svantaggioso e non equo per il dipendente.

A occuparsi del computo e del pagamento è il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta. Poi, però, interviene l’Agenzia delle Entrate, che ricalcola l’imposta dovuta sulla base dell’aliquota media dei cinque anni antecedenti alla cessazione del rapporto di lavoro: se il risultato supera di più di 100 euro la rilevazione del datore di lavoro, l’Agenzia delle Entrate manda un avviso di pagamento al diretto interessato. Se invece il datore di lavoro ha trattenuto più del dovuto, l’Agenzia procede al rimborso.

Anticipo del TFR

La legge permette al dipendente, in determinati casi e a certe condizioni, di chiedere all’azienda un anticipo del TFR accantonato. Ma questa possibilità è riservata esclusivamente ai dipendenti con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro. Non solo: il lavoratore può chiedere un’anticipazione non superiore al 70% del TFR cui avrebbe diritto se il rapporto cessasse alla data della domanda.

Per evitare l’assalto alle casse dell’azienda, poi, la legge pone due limiti alle richieste di anticipazione del TFR che si possono soddisfare in un anno: massimo 10% degli aventi titolo e non più del 4% del totale dei dipendenti.

Infine, l’anticipo si può richiedere solo e soltanto per spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche o per l’acquisto della prima casa per sé o per i figli (con tanto di atto notarile). Ci si può avvalere dell’anticipo solo una volta nel corso del rapporto di lavoro. E, ovviamente, l’anticipazione viene sottratta dal TFR finale.

In azienda o in un fondo pensione?

Come accennato, il TFR accantonato resta nelle casse dell’azienda. Nel gennaio del 2007, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 252/2005, i lavoratori si sono trovati per la prima volta di fronte al bivio tra lasciarlo lì o destinarlo a un fondo pensione chiuso o “negoziale”, che è uno dei tanti strumenti attraverso cui ognuno può costruirsi una previdenza complementare all’assegno pensionistico pubblico (che, come abbiamo detto e ridetto, purtroppo sarà sempre più magro).

E se l’azienda è insolvente?

La legge 297/1982 ha istituito il Fondo di Garanzia per il Trattamento di Fine Rapporto, per il pagamento del TFR in sostituzione del datore di lavoro insolvente.

Articolo originale

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Poggi Leonardo

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