Ottobre 10, 2024

L’aumento delle rendite catastali per gli immobili che hanno usufruito del Superbonus 110% è una questione che sta generando molte discussioni e preoccupazioni tra i contribuenti. La revisione catastale, prevista nella Legge di Bilancio 2024, non è una novità assoluta, ma una misura già esistente che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha ribadito per rendere più stringenti i controlli su chi ha beneficiato di questo bonus edilizio. L’obiettivo del governo è garantire che le dichiarazioni catastali vengano aggiornate per riflettere l’incremento di valore degli immobili ristrutturati con agevolazioni fiscali.

Cos’è la rendita catastale e perché è importante?

La rendita catastale rappresenta il valore attribuito a un immobile ai fini fiscali. È un parametro fondamentale per il calcolo di varie imposte, come l’IMU, l’IRPEF, l’imposta di registro, e le tasse di successione e donazione. La rendita catastale viene stabilita sulla base di criteri come la categoria catastale (es. A2, A3, A4, ecc.), la zona in cui si trova l’immobile e le sue caratteristiche (superficie, numero di vani, destinazione d’uso, ecc.).

In caso di ristrutturazioni significative, come quelle effettuate con il Superbonus 110%, la rendita catastale può essere modificata se i lavori portano a un aumento del valore dell’immobile. Questo avviene quando:

  1. Si aumenta il numero dei vani o la volumetria dell’immobile.
  2. Viene realizzato un intervento che aumenta il valore della proprietà di almeno il 15%.

L’aggiornamento della rendita catastale deve essere comunicato al catasto entro 30 giorni dalla fine dei lavori di ristrutturazione. Tuttavia, come emerso recentemente, molti proprietari non hanno rispettato questo obbligo, e per questo la Legge di Bilancio 2024 prevede una serie di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate per verificare che le variazioni catastali siano state correttamente dichiarate.

Il Superbonus 110% e l’impatto sulle rendite catastali

Il Superbonus 110%, introdotto nel 2020 per incentivare la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza degli edifici, ha rappresentato un’opportunità senza precedenti per i proprietari immobiliari. Questa misura ha consentito ai contribuenti di effettuare lavori come la realizzazione del cappotto termico, la sostituzione degli impianti di riscaldamento e altri interventi volti a migliorare l’efficienza energetica, coprendo il 110% dei costi tramite una detrazione fiscale o lo sconto in fattura.

Tuttavia, questi interventi spesso comportano un aumento del valore dell’immobile, il che richiede una revisione della rendita catastale. Ad esempio, la realizzazione del cappotto termico, che migliora la classe energetica di un immobile, rientra tra i lavori che possono far salire il valore catastale, spesso anche oltre il 15%, soglia oltre la quale è obbligatoria la dichiarazione di variazione catastale.

Secondo le stime, per chi ha utilizzato il Superbonus, l’aumento della rendita catastale potrebbe variare tra il 16% e il 18% per un passaggio di una sola classe, e superare il 30% nel caso di un salto di due classi. Questi aumenti non sono indifferenti, considerando che la rendita catastale è alla base del calcolo di varie imposte, come vedremo in dettaglio.

Esempio di aumento della rendita catastale

Immaginiamo un immobile con una rendita catastale originaria di 400 euro:

  • Con un aumento del 16-18%, la rendita salirebbe a circa 464-472 euro.
  • Se il passaggio comporta un salto di due classi, l’aumento potrebbe variare dal 30% al 36%, portando la rendita a 520-544 euro.

Questo aumento può sembrare modesto, ma le sue conseguenze fiscali sono significative, soprattutto per chi possiede seconde case o immobili di lusso.

Impatti fiscali dell’aumento della rendita catastale

1. IMU (Imposta Municipale Unica)

L’IMU è l’imposta che grava sugli immobili, e il suo importo viene calcolato proprio sulla base della rendita catastale moltiplicata per un coefficiente fisso (160 per le abitazioni principali, 168 per gli immobili di lusso). La prima casa non è soggetta a IMU, a meno che non rientri nelle categorie catastali considerate di lusso (A1, A8, A9).

Per le seconde case, l’IMU si paga in base alla rendita catastale. Di conseguenza, un aumento della rendita implica un incremento diretto dell’IMU. Secondo una stima di Nomisma, l’aumento medio dell’IMU per le seconde case che hanno usufruito del Superbonus potrebbe essere di circa 290 euro l’anno. Questo significa che chi, prima della revisione, pagava 1.047 euro di IMU, potrebbe arrivare a pagare 1.337 euro.

Esempio di calcolo dell’IMU

Supponiamo che una seconda casa abbia una rendita catastale originaria di 800 euro:

  • Prima della revisione, l’IMU annua sarebbe di circa 1.344 euro (800 euro x 160 x aliquota IMU del 10,6‰).
  • Con un aumento del 16-18% della rendita catastale, questa passerebbe a circa 928-944 euro, portando l’IMU a circa 1.560-1.585 euro.
  • Se la rendita aumenta del 30%, passando a 1.040 euro, l’IMU salirebbe a circa 1.766 euro.

Questo aumento di quasi 300 euro l’anno rappresenta un peso non trascurabile per i proprietari di seconde case, che già devono affrontare spese consistenti per la manutenzione e la gestione degli immobili.

2. IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche)

Per la prima casa, l’aumento della rendita catastale ha un impatto sull’IRPEF, anche se in modo indiretto. La rendita della prima casa concorre al calcolo del reddito complessivo, ma è neutralizzata da una deduzione pari all’importo della rendita stessa. Tuttavia, per le abitazioni di lusso, che sono soggette a IMU, la rendita catastale non influisce sul reddito ai fini IRPEF.

Per le seconde case, la situazione è diversa. Se l’immobile non è locato e si trova nello stesso comune di residenza del proprietario, oltre all’IMU, si paga l’IRPEF su metà della rendita catastale aumentata di un terzo. Di conseguenza, un aumento della rendita catastale comporta un incremento anche dell’IRPEF.

Esempio di calcolo dell’IRPEF per una seconda casa

Consideriamo una seconda casa con una rendita catastale di 800 euro:

  • Prima della revisione catastale, l’IRPEF sarebbe pari al 50% della rendita aumentata di un terzo, ossia (800 + 266,67) / 2 = 533,33 euro.
  • Con un aumento del 18% della rendita, questa passerebbe a 944 euro, e l’IRPEF salirebbe a circa 629,33 euro.
  • Con un aumento del 36%, la rendita sarebbe di 1.088 euro, e l’IRPEF salirebbe a 725 euro.

Questo significa che, oltre all’IMU, i proprietari di seconde case potrebbero trovarsi a pagare anche 200 euro in più di IRPEF.

3. ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente)

L’aumento della rendita catastale incide anche sull’ISEE, che è un parametro fondamentale per accedere a numerose agevolazioni e sussidi statali, come l’assegno unico per i figli, il bonus asilo nido, le agevolazioni per le tasse universitarie e molte altre misure di sostegno al reddito.

Nel calcolo dell’ISEE, la prima casa influisce solo se il suo valore catastale supera i 52.500 euro (incrementati di 2.500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo). Se il valore dell’abitazione eccede questa soglia, l’immobile incide sull’ISEE per due terzi della parte eccedente. Questo significa che, anche con un piccolo aumento della rendita catastale, il valore complessivo dell’immobile potrebbe superare la soglia e incidere sull’ISEE.

Esempio di calcolo dell’ISEE

Immaginiamo una prima casa con un valore catastale di 200.000 euro:

  • Senza l’aumento della rendita, l’immobile influirebbe sull’ISEE per due terzi della parte eccedente i 52.500 euro, ossia per (200.000 – 52.500) x 2/

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Poggi Leonardo

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