Qual è il valore di un consulente finanziario? Dal punto di vista operativo è certamente legato alla sua capacità di far crescere il portafoglio clienti. Ma questa è solo una parte della risposta.
Alternativa al fai-da-te
Il valore di un consulente, sia esso abiliato all’offerta fuori sede o
indipendente, è infatti anche direttamente correlato al valore aggiunto
che lo stesso è in grado di apportare rispetto ad una gestione fai-
da-te dei patrimoni affidatigli. Quest’ultimo punto poi porta con sé
un’ulteriore domanda: come misurare tale valore aggiunto? Sul tema già
da diversi anni un colosso come Vanguard ha detto la sua, più di
recente imitato da un’altra casa d’investimento: Quilter. Vanguard ha
sviluppato un indicatore, l’Advisor’s Alpha, che misura il valore
aggiunto rispetto al beta di mercato, creato dal consulente. La stima
dell’alpha non è mai una cosa semplice: occorre ricostruire la sequenza
di scelte di investimento alternative che un cliente avrebbe potuto
compiere autonomamente se non avesse seguito i consigli del proprio cf.
Essendo impossibile ricostruire tale serie storica di scelte
alternative, si ricorre a una comparazione con i risultati attesi di un
portafoglio gestito in base alle best practice di mercato. Grosso modo,
sostengono gli studi di Vanguard, un consulente può generare un alpha
attorno al 3% netto annuo, grazie in particolare al behavioral coaching.
Il gap di guadagno
Si tratta in particolare di quell’insieme di attività messe in atto dal consulente finanziario per facilitare la performance, l’apprendimento e lo sviluppo dell’investitore. Queste attività da sole sono in grado di migliorare di circa l’1,5% netto annuo il rendimento per il cliente. La capacità di ottimizzare l’asset allocation e la strategia di spesa possono arrivare a contribuire fino all’1,1% e allo 0,75%.